Pac-Man: un grande classico

Un paio di settimane fa ero a Torino al Club to Club Festival, uno dei più importanti eventi di musica elettronica del panorama europeo. Tra i due palchi di Lingotto in cui si sono avvicendati decine di artisti provenienti da tutto il mondo c’era un corridoio dove far defluire la gente. In mezzo un paio macchinette in pieno stile sala giochi degli anni ’90, e in una di queste si giocava proprio a Pac-Man. E’ stato un tuffo nei ricordi di un tempo che non c’è più, ma che quando torna si veste di panni vintage e acchiappa più o meno tutti, compresi i millennials.

Forse non tutti conoscono la storia di Pac-Man: c’è un’aurea di leggenda intorno alla genesi del videogioco di Toru Iwatani. In pratica lo stesso Toru, ad un pranzo di 37 anni fa decise di ordinare una pizza intera. Un fatto insolito per il game designer della Namco, visto che era solito ordinare solo qualche fetta. La fame era molta quel giorno evidentemente, e fu una fortuna: tagliata una fetta, Iwatani vide davanti a se il protagonista del suo prossimo videogame. Quel cerchio incompleto qualche mese dopo divenne Pac-Man: giallo come il formaggio sopra la pizza e famelico come il suo creatore. Alla Milan Games Week del 2015 Toru ha dichiarato: «Non posso negare di essermi ispirato a uno dei vostri piatti nazionali per creare Pac-Man».

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Pac-Man non morirà mai

Toru Iwatani creò così uno dei videogame più iconici di sempre: destinato ad un target assolutamente eterogeneo, Pac-Man divenne anche un brand molto sfruttato anche in altri ambiti, soprattutto in relazione al merchandise (la magliette sono ancora oggi vendutissime). Da allora i numeri di Pac-Man sono spaventosi: nei suoi quasi 40 anni di storia ha generato qualcosa come 7,16 miliardi di dollari, e ancora adesso vanta versioni in tutte le piattaforme esistenti ed è stato protagonista di un film (Pixels, di Chris Columbus). Insomma, Pac-Man non morirà mai. E meno male.

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