Nuovi droni per l’esercito Italiano: saranno raddoppiati

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20 nuovi droni in arrivo per le Forze militari italiane

Acquistare 20 nuovi droni P2HH da ricognizione, armabili e made in Italy, in sostituzione dei vecchi Predator di origine americana: è stata questa la richiesta del ministero della Difesa italiano, fatta pervenire a Piaggio Aerospace (azienda con sede ad Albenga, ma controllata al 100% dal fondo “Mubadala”, proveniente dagli Emirati Arabi Uniti) nel mese di febbraio. Costo previsto per l’operazione: 766 milioni di euro.

Di fronte a questa tendenza, Enrico Piovesana – osservatorio Milex sulle spese militari italiane – ha dichiarato: “Sono molte le criticità dietro questo progetto e molti interrogativi a cui è urgente dare una risposta. Nel 2015 l’Italia ha avuto l’autorizzazione dagli Stati Uniti ad armare i propri droni. Finora sembrava che la questione fosse stata accantonata, ma documenti ufficiali della Difesa citano chiaramente uno stanziamento iniziale di 19,3 milioni di euro per ‘capacità di ingaggio di precisione sistema APR Predator B’. Questo significa che la procedura di armamento è iniziata”.

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Non tutti sono d’accordo con la richiesta d’acquisto del Ministero

Tenendo conto delle già cospicue spese che l’Italia mette a bilancio per la manutenzione dei velivoli già in dotazione (compresi i Predator statunitensi), se le Camere dovessero dare semaforo verde per questo nuovo acquisto, il costo complessivo per programmi di droni militari italiani raddoppierebbe all’istante, arrivando a qualcosa come 1500 milioni circa.

Piovesana però continua a criticare questa scelta, puntando il dito sulla scarsa ricaduta occupazionale che questo tipo di operazione avrebbe: “Questi nuovi droni sono quasi il doppio rispetto ai 13 Predator che andrebbero a sostituire e più del triplo rispetto ai sei droni armabili attuali. Inoltre l’esperienza degli F35 dovrebbe averci insegnato che le ricadute occupazionali di questo tipo di investimento sono in realtà molto modeste, e che spesso si tratta anche di lavoro precario o poco qualificato”.

Per Milex basterebbe semplicemente acquistare solo cinque P2HH disarmati, spendendo poco meno di 200 milioni. Così le nuove macchine potrebbero essere testate, senza spese ritenute inutili prima di capire se effettivamente si tratta di droni affidabili. Nel frattempo però bisognerebbe anche aggiornare i Predator armabili di cui dispone la Difesa: “Ovviamente è imprescindibile un serio dibattito parlamentare sul delicato tema dell’armamento dei droni, dibattito che fino a oggi è mancato. Impiegare i cacciabombardieri tradizionali in operazioni internazionali è qualcosa che non sfugge all’opinione pubblica e al parlamento. Diverso è impegnare i droni, che possono essere spediti in aree remote”.